Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi (1883): Ecco qui: perché io non ho voluto dar retta a quell'uggioso di Grillo, chi lo sa quante disgrazie, secondo lui, mi dovrebbero accadere! Dovrei incontrare anche gli assassini! Meno male che agli assassini io non ci credo, né ci ho creduto mai. Per me gli assassini sono stati inventati apposta dai babbi, per far paura ai ragazzi che vogliono andare fuori la notte.
L'edera di Grazia Deledda (1920): Prete Virdis era venuto su a piedi, ed era anche caduto e s'era fatto male ad una mano. Pazienza: egli era abituato a questi piccoli incidenti. Se camminava a piedi, specialmente di notte, cadeva in malo modo; se montava a cavallo, il cavallo scivolava, o qualche ruvida fronda d'elce graffiava il viso del prete, o gli portava via la parrucca. I maligni, i miscredenti, dicevano che queste piccole disgrazie accadevano a prete Virdis dopo che egli aveva pranzato o cenato: fatto sta, però, che quella volta egli non aveva né pranzato né cenato, eppure, nonostante il chiaror della luna e la valida compagnia di zio Castigu, egli era caduto egualmente.
Quaderni di Serafino Gubbio operatore di Luigi Pirandello (1925): Credevo rimanesse in quell'atteggiamento, con la bocca aperta, per ridere di me, delle mie disgrazie e delle mie speranze. Ma, a un certo punto, lo vidi fermare in mezzo alla via vegliata lugubremente dai fanali e gli sentii dir forte nel silenzio della notte: - Scusa, e come so io del monte, dell'albero, del mare? Il monte è monte, perché io dico: Quello è un monte. Il che significa: io sono il monte. Che siamo noi? Siamo quello di cui a volta a volta ci accorgiamo. Io sono il monte, io l'albero, io il mare. Io sono anche la stella, che ignora se stessa! |